Un piccolo commento al libro di Alessandro Bastasi

Ho letto con piacere il libro di Alessandro Bastasi “La fossa comune”.

Il libro di Alsssandro Bastasi

Il libro di Alsssandro Bastasi

Devo premettere che il titolo all’inizio, prima di iniziare a leggerlo, mi aveva creato aspettative diverse da quello che poi ho trovato leggendolo.
Il libro mi piaciuto, la storia di Vittorio è molto intensa, vedo in questa storia, ed Alessandro confermerà se è così, tanti spunti biografici. La passione per il teatro e forse anche l’amore e la conoscenza per la Russia.

 

Il personaggio di Vittorio mi ha coinvolto, forse perché in alcuni momenti mi sono immedesimato nell’uomo sognatore, sempre pronto a buttarsi in una nuova storia, pronto a mettere in discussione le certezze raggiunte, un uomo che vive fisicamente e attivamente la vita fino all’ultimo momento, un uomo che alla fine dimostra di credere in un sogno pazzo e irrealizzabile e lo vive.

Vittorio che cade durante la sua vita tante volte e tutte le volte si rialza, ma sempre in modo semplice, mai sopra le righe sempre con discrezione, un uomo pronto a sacrificare se stesso per un sogno ed anche qui con semplicità.

Un uomo che rincorre spesso sogni irrealizzabile e alle volte, se ne stufa, un personaggio che lotta contro un mondo molto più grande di lui, che spesso lo schiaccia e lo sbatte a terra, un personaggio che però rinasce, forte delle persone che gli stanno attorno, aperto alle persone semplici che lo amano per quello che è e non certo per quello che fa, che lo amano per le sue idee e per i suoi pensieri.

Un bel romanzo che alle volte mette un po’ tristezza e ti lasci un po’ l’amaro in bocca, l’amaro della delusione, dell’impotenza, che Vittorio riesce alla volte a vincere, ma che alla fine lo schiaccia.

Grazie Alessandro per avermelo inviato.

1 thoughts on “Un piccolo commento al libro di Alessandro Bastasi

  1. Ho il piacere di trascrivere la risposta dell’autore Alessandro Bastasi

    Giovanni – grazie a te, Giovanni, per la tua bella recensione, e per la passione che traspare dalla tua lettura. Di autobiografico c’è il fatto che a tratti ho vissuto davvero in Russia in quel periodo, e ho vissuto intensamente i cambiamenti epocali avvenuti in pochi anni, cambiamenti che mi hanno coinvolto come persona e sul piano delle idee. Ma non sono Vittorio. Sarei stato Vittorio se non avessi preso coscienza del fatto che un’epoca era finita e ne iniziava un’altra, che dietro le ideologie ci sono uomini con i loro interessi non sempre limpidi. La speranza non è in Vittorio, così come non lo è in Anatolij, e non lo è nel modello occidentale, basato sulla competizione e sul profitto. La speranza la dà Andrej, con il suo candore, con la sua umanità, con il suo amore per la cultura, per le persone.
    Nel libro si cita spesso il teatro (del resto il teatro compare nella citazione da Peter Brook all’inizio del libro): lo si cita come emblema, come elemento rappresentativo dei diversi periodi degli ultimi cinquant’anni, dal teatro “borghese” degli anni cinquanta alla sperimentazione degli anni sessanta all’esplosione del teatro povero, del teatro militante, del teatro come forma di rappresentazione dei meccanismi del reale degli anni settanta, fino al riflusso dei decenni successivi. Ed è strettamente legato alla vita di Vittorio perché la sua vita ne è come un contrappunto, la sua vita è fondamentalmente un happening, forma teatrale tra le più difficili, che Vittorio si ostina a perseguire anche quando è “passata di moda”, per così dire, ha perso la sua forza dirompente.
    Ciao Giovanni, e grazie ancora.

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